La parola agli esperti

Riqualificazione energetica dell’esistente: come attivare i potenziali

14/01/2014

Giuliano Dall'O'
Professore associato di fisica tecnica ambientale al Politecnico di Milano, Direttore di SACERT e Presidente del SC1 del Comitato Termotecnico Italiano.


La Green Building Economy italiana, intesa come l’insieme delle tecnologie, delle competenze e dei saperi che possono concorrere ad accelerare il cambiamento verso una migliore sostenibilità energetica del settore immobiliare, può essere analizzata con diverse chiavi di lettura: una ambientale se si considerano le oggettive esigenze di avviare in modo concreto delle strategie per ridurre le emissioni di gas climalteranti anche nel rispetto degli accordi internazionali (senza trascurare ovviamente la necessità di ridurre gli impatti ambientali locali), una politica se l’obiettivo è quello di mettere in campo strumenti adeguati per ridurre la dipendenza energetica che vede l’Italia tra i Paesi più vulnerabili (anche se non è un problema solo italiano), una economica visto che l’attuazione delle strategie di intervento possono anche essere considerati veri e propri investimenti che generano reddito per l’energia che si risparmia ma anche opportunità di crescita per le imprese ed infine una sociale dal momento che la spesa energetica è diventata da tempo un elemento che mette in forte crisi le classi a basso reddito e che il rilancio di questa parte dell’economia può generare davvero nuove professionalità, in parte lo ha già fatto, e nuovi posti di lavoro.
Una carta da giocare, quindi, particolarmente utile in un momento come questo della nostra economia che richiede un rilancio delle attività produttive, per uscire dalla crisi che tanto preoccupa, e per contribuire ad allontanare il pericolo della recessione.

La Green Building Economy italiana esiste ed è percepibile il cambiamento in atto, un cambiamento cultural innanzi tutto, tuttavia gli elementi di criticità non mancano e vengono bene espressi di portatori di interesse anche se con sfaccettature diverse. Due sono gli elementi di criticità: da un lato una politica incentivante che, anche se viene quasi sempre rinnovata, nonostante tutto, manca di una pianificazione strutturata sul lungo periodo e questo non consente alle imprese di impegnarsi su programmi pluriennali di crescita, dall’altro un quadro legislativo in continua evoluzione nella costante rincorsa alle direttive comunitarie sempre più vincolanti e sempre più numerose.

Per quanto riguarda il primo punto occorrerebbe fare una riflessione: se una tecnologia una volta applicata correttamente ha tutti gli elementi per garantire una sua economicità (nel nostro caso consente di risparmiare energia) a chi giova il finanziamento? Nessuno mette in dubbio la necessità di accompagnare il cambiamento con un strategia di incentivazione, il problema semmai è quello di individuare la strategia giusta.

Per quanto riguarda la riqualificazione energetica dell’esistente lo strumento economico più efficace dovrebbe essere la detrazione fiscale del 55%. Uno strumento che aiuta sicuramente chi investe, ammesso che già disponga dei capitali necessari, ma che non può garantire il massimo del suo potenziale a causa della diluizione di 10 anni, un periodo eccessivamente lungo. Il fatto poi che questa agevolazione, potenzialmente in grado di fare emergere il nero, venga prorogata di anno in anno svilisce un po’ il mercato che non è in grado di contare su una lunga programmazione delle azioni. Gli interventi di efficienza energetica che hanno sfruttato le detrazioni del 55% sono interventi sicuramente positivi ma di gran lunga inferiori rispetto ai potenziali di mercato.
Forse esiste la consapevolezza, da parte dei cittadini, di cosa si possa fare per ridurre in modo sensibile i consumi energetici, ma gli interventi che richiedono maggiori investimenti, ad esempio quelli che riguardano l’isolamento termico dell’involucro, vengono in parte trascurati.

Un problema che dovrà essere affrontato è quello dell’accesso al credito. Perché se è vero che un intervento di riqualificazione energetica si può ripagare in base al risparmio di combustibile che determina, è anche vero che spesso mancano quei capitali necessari per effettuare l’investimento iniziale e i tassi di interesse normalmente richiesti dagli Istituti bancari gravano notevolmente sui flussi di cassa. Agevolare gli investimenti negli interventi di efficienza energetica attraverso politiche che contribuiscano a ridurre non il capitale, ma gli interessi, estenderebbe a molti più cittadini la possibilità di riqualificare energeticamente la propria abitazione.

Le agevolazioni e gli incentivi sicuramente servono ma per raggiungere gli obiettivi internazionali, europei e nazionali occorre ben altro: passare dalla scala del singolo edificio alla scala urbana, mettere in campo strategie forti che possano contare sui grandi numeri.
Lo strumento esiste da tempo, fin dal 1991 per la precisione, ma non è mai stato sfruttato: è la pianificazione energetica comunale. Lo sviluppo del territorio ora più che mai non può prescindere da una valutazione energetica ed ambientale delle azioni di trasformazione urbana.
Il problema dell’abitare sostenibile è indubbiamente un problema complesso: aspetti tecnici e aspetti economici si fondono in strategie e in scelte decisionali, che a loro volta si confrontano con ciò che il mercato offre come tecnologie e soluzioni idonee a rendere i nostri edifici sempre più sostenibili. In questa complessità, nella quale si passa da approcci locali ad approcci globali, dalla scala dell’edificio a quella del quartiere o della città, ci sono tutti gli ingredienti che ci possono traghettare da una società insostenibile a una società più sostenibile, con una certezza condivisa oramai dai più: che è utile accelerare il passaggio dalla politica del dire alla politica del fare.

Pensare che le cose potrebbero andare meglio se da parte dello Stato ci fossero delle politiche forti, decise, pianificate sul lungo periodo è ovviamente lecito ma comunque limitativo. E non deve essere un alibi per non fare, per aspettare che qualcosa sempre cada dall’alto. Le amministrazioni locali, a partire dai piccoli comuni, hanno tutti gli strumenti per promuovere politiche serie a costo zero. Il Patto dei Sindaci è una grande opportunità e se è positivo il fatto che l’Italia sia stato uno dei paesi che ha aderito in modo massiccio a questa iniziativa il dubbio rimane sulle modalità con le quali verranno attuati i Piani d’Azione per l’energia sostenibile (PAES) in modo concreto, sulle scelte che verranno fatte per accelerare il miglioramento dell’efficienza energetica del comparto edilizio che in alcuni comuni pesa più del 60%.

La soluzione della questione energetica ha certamente bisogno di indicazioni precise, forti, lungimiranti a livello alto ma ha ancora più bisogno di un cambiamento dell’approccio che contenga due ingredienti: la consapevolezza che nel nostro Paese le potenzialità esistono e la disponibilità a sentirsi attori protagonisti pur dei diversi ruoli.


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